Essere Accoglienza, la newsletter 2023

L’accoglienza può essere un lavoro, a volte anche ingrato, può essere un talento, può diventare una vocazione (anche di questo parleremo) ma, prima di tutto è un principio spirituale, un modo di essere.

𝙴𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚌𝚌𝚘𝚐𝚕𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊, appunto.

Essere Accoglienza, la newsletter di Cinzia Pedrani

[Essere Accoglienza è una newsletter sperimentale. Nasce da un mio desiderio che è quasi un’urgenza: condividere con te le mie riflessioni su questo nostro talento, l’accoglienza, aiutarti a riconoscerlo e a manifestarlo sempre più, sempre meglio, nella tua vita. Ogni giorno. Solitamente parto da una mia esperienza, da qualcosa che mi è successo, te lo racconto e poi cerco di entrarci dentro, ci rifletto su, la ripenso e infine torno qui con qualche cosa di pratico, di concreto, di applicabile fin da subito, nella tua vita].

Essere Accoglienza 2023

  • Febbraio – Anno nuovo, vecchi amori. Iniziamo con una sfida? Newsletter 99
  • MarzoEssere accoglienza, la prima email dopo l’anno di metamorfosi. Newsletter 100 o 1
  • AprileFermati, cambia, scegli di volerlo. Newsletter 101
  • MaggioAttesa e attenzione. Newsletter 102
  • GiugnoCosa ho fatto e cosa farò. Forse. Newsletter 103
  • NovembreE’ arrivato il momento di essere contagiosi. Newsletter 104

[ Prima del 2023: Metamorfosi, la newsletter del 2022, Vita da Host, la newsletter del 2021 e precedenti ].

Febbraio – Anno nuovo, vecchi amori. Iniziamo con una sfida?

Buongiorno ate.

Scusa se arrivo così, senza preavviso, in questo freddissimo (sono in Lombardia in questo periodo) sabato di febbraio, ma da qualche settimana mi sento come spinta da un’urgenza che reclama la mia attenzione. Una dolce nostalgia.

Sento il bisogno di tornare al mio primo amore, tornare ad occuparmi di accoglienza turistica, tornare a parlare di ospitalità, magari solo un pochino.

Mi viene in mente una cosa che forse non c’entra tanto, o forse sì.
Il Dio dell’antico testamento ha impiegato un solo giorno per far uscire il suo popolo dall’Egitto ma ci son poi voluti 40 anni per farglielo dimenticare, per fa si che smettessero di ripensarci. 

Essere tornata a vivere, seppur solo come ospite, in questa mia casa che è stata anche il mio bed and breakfast per 20 lunghi anni mi ha riportato alla memoria tanti aneddoti, tante mie abitudini, cose più o meno belle ma che, comunque, hanno colorato la mia vita per anni, in maniera intensa, lasciando segni indelebili.

Ho pensato quindi di assecondare questa ondata di nostalgia e riproporti la Hospitality Challenge del 2021:
due settimane di tracce guidate per aiutarti a raccontare la tua accoglienza, per socializzare, per curiosare nei profili di altri Host, per stare insieme.

Qui di seguito ho incollato parte del testo della newsletter 81 di Vita da Host quella dedicata all’evento.
Iniziamo martedì, 14 febbraio, San Valentino. Non per caso ma … perché così abbiamo fatto nel 2021 e perché essere Host, accogliere, ha molto a che fare con l’amore.
Ecco la email.

“Adesso siamo a febbraio, siamo alle porte di una nuova stagione e abbiamo tutti un gran bisogno di sostegno, di entusiasmo, di positività. Di speranza.

Il mondo la fuori continua nel suo delirio, le prospettive per l’estate non sono certo rosee ma stare fermi ad aspettare che qualcosa succeda non è più una opzione interessante.

Lo abbiamo fatto, abbiamo chiuso, atteso, siamo andati in profondità, ci siamo riconnessi con le nostre motivazioni, abbiamo sistemato quello che andava sistemato nelle nostre strutture, sul sito web e sui canali social adesso siam pronti per ripartire.

Ancora una volta rivediamo insieme perché credo abbia senso farlo.

  • Ha senso esserci e continuare, proprio per la difficoltà del momento, a mantenere un contatto con chi ci segue sui canali social (e con la challenge lo faremo)
  • Ha senso per te che mi leggi e per chi ti segue focalizzare l’attenzione, almeno per qualche minuto della giornata, su qualcosa che sia bello, curato, interessante, utile.
  • Ha senso perché ci permetterà di conoscere nuove persone, colleghi e potenziali ospiti, di creare con loro una relazione, di mettere in campo nuove energie e, perché no, nuove sinergie.
  • Ha senso perché ti permetterà di acquisire una buona abitudine che, spero, vorrai mantenere anche al termine del percorso (qui esce il mio lato maestrina, lo so)

Quindi che Challenge sia!

Si partirà martedì 14 febbraio e andremo avanti due settimane (dai non fare quella faccia!), 14 giorni, un intervallo di tempo spero sufficiente per far sì che postare quotidianamente diventi per te un’abitudine.

  • Sarà pensata un po’ più per Instagram, perché credo che sia il social più adatto per questo tipo di iniziativa, ma nulla ti vieta di utilizzarla su Facebook o dove vuoi tu.
  • Sarà anche l’occasione giusta per fare un check del tuo account, del feed e delle storie in evidenza.

Come per la scorsa edizione non ci saranno iscrizioni: la partecipazione è libera.

Potrai anche postare a giorni alterni o crearti un tuo ritmo ma, se posso permettermi di darti un consiglio, se credi che questi 14 giorni possano esserti d’aiuto e scegli di partecipare dichiaralo pubblicamente, dove vuoi tu e a chi vuoi tu ma fai questo passaggio. È importante.
Puoi farlo sul tuo canale social preferito o anche off line dicendolo a qualcuno di persona. 
Questo ti aiuterà a partire puntuale il Day1 e poi, nei momenti di pigrizia o di difficoltà, a portare a termine il percorso.

Lo scorso anno scrivevo:

La mia anima, quando la ascolto, è una guida molto più generosa e affascinante di quanto il mio ego sarà mai, perché’ desidera solo una cosa: la meraviglia.Big Magik, E. Gilbert

Oggi sento che tutti noi abbiamo un grande bisogno di meraviglia, e mi auguro che in questi 14 giorni tu possa fare la tua parte scegliendo di esserci, condividendo non solo delle belle immagini di te, della tua struttura e della tua vita da Host ma anche emozioni positive, vere, autentiche.

Parafrasando Robert Burton ti saluto dicendoti:

Non essere solitaria,
non essere pigra.


Ti aspetto! “

Eccoci tornati ad oggi.
Ti lascio i link alle risorse gratuite dedicate ad Instagram.
Ho pensato potessero esserti utili in attesa di iniziare.
Buona lettura.
Best practices – Account
Best Practices – Post


Ti auguro un mese di febbraio colmo d’amore.
Ti auguro desiderio di imparare ed entusiasmo nell’apprendere.

Un abbraccio,
Cinzia


Ti lascio i link ad un approfondimento (che era uno dei miei prodotti) dedicato ad Instagram. E’ datato ma, le basi, son sempre valide. 
Instagram a modo mio. 

Questa è la pagina con l’archivio delle newsletter spedite fino ad oggi e tutti i regali che ho riservato per te.

Marzo – Essere accoglienza, la prima email dopo l’anno di metamorfosi

Ci siamo, è arrivato il momento.
Dopo un anno di e con Metamorfosi, eccomi finalmente pronta per la svolta che la vita mi sta chiedendo oggi:
continuare a parlare di accoglienza occupandomi meno del fare (degli aspetti quantitativi o orizzontali, assolutamente necessari se sei Host) e sempre più dell’essere, cioè degli aspetti qualitativi, verticali, indispensabili, a mio modo di vedere, per la nostra vita. A prescindere dal nostro essere o no Host.

L’accoglienza può essere un lavoro, a volte anche ingrato, può essere un talento, può diventare una vocazione (anche di questo parleremo) ma, prima di tutto è un principio spirituale, un modo di essere.

𝙴𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚌𝚌𝚘𝚐𝚕𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊, appunto.

Eccoci, quindi, oggi alla newsletter numero 1, Essere Accoglienza, che è anche la mia centesima newsletter!
Un caso?
Anche se è successo “per caso” non credo proprio lo sia.

100, cioè 1, cioè un nuovo inizio, un nuovo viaggio, una nuova storia tutta ancora da raccontare.

Rispondendo ad una dolcissima email che ho ricevuto da una persona che, come te, riceve e legge questa mia newsletter, scrivevo che, da mesi, sto vivendo un momento di grande conflitto interiore, una specie di dissidio potente tra l’urgenza di cambiare aria nella mia professione e l’istinto di tracciare nuove rotte restando all’interno del lavoro di sempre.

Non so dove mi porterà tutto questo ma so che, oggi, seguo l’istinto e scelgo la seconda opzione:
tracciare nuove rotte restando all’interno del lavoro di sempre.

Rilancio, ancora una volta. Come un anno fa, ma con più forza, e mi auguro con tutto il cuore di averti con me in questo nuovo viaggio.

Lavorare con te alla Challenge dello scorso mese mi ha aiutata a riprendere in mano il filo del mio discorso, ritrovarne il senso e rilanciare.
Tutti noi, in ogni momento della giornata, ci troviamo di fronte ad un bivio: rilascio o rilancio?
Lascio perdere, non ci credo più ( Quasi quasi chiudo ) o ci credo ancora di più?

Che tu sia Host o non lo sia, poco cambia, la vita si muove così.

Avere un filo fa stare bene, sentire che la propria vita ha un senso e che questo senso può essere descritto e raccontato fa stare bene.
Non averlo fa stare malissimo.

Ma sai cosa ti dico?

Il filo del tuo discorso, il senso della tua vita, lo decidi tu, in qualunque momento, in qualunque situazione.
Sei tu che devi strappare un senso a questa esistenza perché ritrovare ogni giorno il filo della nostra storia e di qualunque storia è un lavoro creativo.
Un lavoro che ha anche a che fare con il tuo Essere Accoglienza.

Non voglio allungarmi troppo, il tuo tempo è prezioso.

  • Ho scritto un post sul Blog nel quale racconto un po’ questo passaggio della mia via, lavorativa e non solo. L’ho intitolato Essere Accoglienza.
  • Tutto il mio lavoro “quantitativo” rimane a tua disposizione, gratuitamente, e sono sempre disponibile ad aiutarti, per quanto mi è possibile, nell’affrontare problemi, dubbi, sconforti della tua vita da Host. Puoi contattarmi rispondendo direttamente a questa email o utilizzando il format alla pagina Raccontami, ti ascolto.
  • Non sei Host ma vuoi approfondire il tema dell’Essere Accoglienza?  Scrivimi, anche rispondendo direttamente a questa email: sarò felice di leggerti e magari parlarne con te. Raccontami, ti ascolto è sempre a tua disposizione.

Ti auguro un mese di marzo colmo di bellezza.
Una bellezza mai vista prima.

Aprile 2023 – Fermati, cambia, scegli di volerlo

Oggi inizio condividendo un pensiero tratto dal libro “Semi di risveglio”.

Sofferenza ed insoddisfazione
nascono dall’ignoranza.
Ignoranza è fraintendere o percepire
in modo sbagliato la realtà delle cose.

O. Follmi

Come sai vivo in un piccolo paese ligure (anche se torno spesso in Lombardia), uno di quei paesi che, da ottobre a maggio, si animano solo un po’ nei week end.
Sono l’unica presenza del condominio, giusto per capirci.
Moltissimi condominii son del tutto deserti, per mesi ma, attenzione: nel condominio di fianco al mio, c’è una residente.
Rita, piemontese d’origine, over 70, senza figli, con una relazione “a distanza”.
Fa i mercatini. Il venerdì carica la sua Panda all’inverosimile e poi, il lunedì, al più tardi il martedì mi viene a cercare e mi aggiorna sulle vendite (mai soddisfacenti), sugli incontri (sempre problematici), sulle difficoltà (grandissime) incontrate.
Devo dire che, con lei, non ci si annoia mai, è una calamita per i guai, gliene succedono di tutti i colori.
Vive costantemente in uno stato di sofferenza, di insoddisfazione.
Dalla “sfortuna” di Rita, dalla sua “ignoranza”, mi lascio ispirare oggi e ti lascio tre spunti di riflessione.

Scegli di fermarti

Non ci viene naturale, lo so. Non è facile anche se parrebbe semplice, fermarsi.
Nemmeno la pandemia è riuscita a farci capire quanto sia importante, urgente direi, smettere subito di correre dietro a tutto e a tutti, di riempirci la testa con tutto quello che succede fuori, smettere di sprecare energie nell’inseguire preoccupazioni, problemi, faccende più o meno serie del mondo intorno a noi.
Fermati.
Ferma il tuo corpo, del tutto se riesci, anche solo 10 minuti nel corso della tua giornata, recupera quella parte più vera, più autentica di te. Ascoltala.

Solo così puoi sperare di arginare questa ignoranza così radicata in noi e smettere di fraintendere la vita che ti accade.
Smettere di aggiungere sofferenza inutile alle tue giornate.

Scegli di cambiare

Nella vita di Rita, nei suoi racconti, sono completamente assenti concetti quali la gratitudine, i buoni sentimenti, l’essere amichevole, provare gioia, compassione. Ascoltandola mi è spesso capitato di pensare che guardi il mondo con degli occhiali molto molto scuri. Occhiali che le impediscono di vedere i colori più tenui che, ne sono certa, colorano la sua vita.
Più volte ho cercato di proporle questa inversione, questo possibile cambio di prospettiva, ho cercato di portare la sua attenzione su aspetti diversi, che non sembrava cogliere.
Cambia sguardo, fallo subito.
Togli questi occhiali fatti di pessimismo, di malafede, di negatività, di separazione.
Come guardi il mondo, come lo pensi, come ti avvicini (se ti avvicini) all’altro, perché lo cerchi, perché inizi una relazione?
Tutto inizia da lì, dall’intento con il quale affronti la vita, dal bagaglio di pensieri che, senza che tu te ne accorga, fanno parte di te, ti limitano, ti condizionano. Ti rendono ignorante.

Scegli di volere

Qualunque cosa tu ti stia trovando a fare nella tua vita, anche la più faticosa, scegli di volerla fare.
Non farla perché devi.
Rita ama andare ai mercatini, incontrare gente, trattare, acquistare a sua volta. Ma dice, e ne è convinta, di doverlo fare, per arrotondare la magra pensione e questo le crea una grande frustrazione perché la porta a pensare di non avere scelta, a subirne il peso invece di vederne la bellezza.

C’è un rapporto profondo tra quello che fai e quello che ti accade, orami lo dice anche la fisica quantistica. Dobbiamo sintonizzarci su questa sintonia.
Noi pensiamo di essere felici solo se le cose intorno a noi vanno bene e, davanti alle difficoltà, sviluppiamo tecniche di resistenza. Resistiamo, chiniamo la testa, andiamo avanti, stoici, lottiamo contro le avversità. Siamo sempre in guerra e non ci fermiamo mai, non ci ascoltiamo, non portiamo i nostri disagi dentro di noi.

Ma quando inizi a capire che gli eventi ci capitano e che siamo noi a dargli un’interpretazione, che siamo noi a leggerli dando loro un segno più o meno, in pratica che siamo noi i registi di ciò che ci succede, comprendi anche che ciò che è esterno è esterno, e che sta a te togliergli potere, o conferirgliene ancor più.

I fatti son quello che sono, l’interpretazione dipende da noi quindi la felicità è una scelta, ed è una scelta furba.

Credo che in me, in te, in tutti noi, ci sia un po’ di Rita, del suo modo di guardare la vita, di percepirla, di raccontarla. 

Per prima cosa quindi, ogni giorno, più volte al giorno, scegli di fermarti, scendi nel tuo cuore, fai che ci regni armonia e pace e dopo, solo dopo, passa all’azione.
Pian piano l’ignoranza lascerà il posto alla consapevolezza, sofferenza e frustrazione diminuiranno, difficoltà e problemi potranno continuare a presentarsi ma avranno sempre meno presa su di te.

Credimi.

Ti auguro un aprile ricco di momenti di pace, armonia, serenità.

Cinzia

P.S. Rita è una grande donna, ha un cuore grande, ma vive come se se ne fosse dimenticata. Di se stessa, del suo cuore. Forse io son qui proprio per ricordarglielo. Forse.

Maggio – Attesa e Attenzione

Buongiorno a te!

Eccomi di nuovo qui, nella tua casella di posta, con questi miei pensieri, queste mie riflessioni spero non troppo strampalate, sul nostro fare ed essere accoglienza.

Più di un anno fa ho iniziato una fase della mia vita decisamente trasformativa, in ambito personale, innanzitutto, ma anche professionale.
Ad un certo punto ho anche sentito il bisogno di nominarla, ricordi?
L’ho chiamata Metamorfosiprobabilmente perché, seppur in maniera inconsapevole, mi rendevo conto che avrebbe portato a un cambio forma.

Da Hospitality Mentor a … ancora non so dirti.

La logica dell’accoglienza è il post “collinetta” da un prima, conosciuto e praticato per oltre 20 anni, a un dopo, ancora tutto da costruire.

Come ho recentemente scritto sul Blog, non mi considero né un’insegnante né, tanto meno, una maestra ma, piuttosto, una praticante dell’accoglienza, quella con tutto il cuore, da oltre un ventennio, che pensa che quest’amore possa essere comunicato e che si offre, con immenso piacere, per accompagnarti, se lo vorrai, su questa via.

La via dell’accoglienza.

Fin dall’inizio sul mio Blog appare una citazione di Elisabeth Gilbert, quella di Mangia, prega, ama, per intenderci che dice più o meno la stessa cosa.

Se pratichi qualcosa, con passione,
per oltre un decennio,
questo fa di te un’esperta.
Big Magik

Credo che la variabile decisiva sia la passione. Come sempre.
Il come fai le cose fa la differenza, per te e per gli altri.
Sempre.

Detto questo, vorrei oggi iniziare a declinare quel nuovo vocabolario a cui accennavo nel post “collinetta”.
Vorrei provare a dare un nuovo senso alle parole che caratterizzano questo nostro fare accoglienza, e creare, pian piano, un nuovo linguaggio, più vero, più autentico, più rispettoso della nostra umanità.

Lo so, è un progetto ambizioso.
Ma questo mi sento chiamata a fare, oggi, con te*.

Iniziamo.

Attesa e Attenzione

Non so se sei d’accordo con me ma se dovessimo paragonare la nostra accoglienza ad una bella macedonia, attesa e attenzione sarebbero due dei “frutti” che la caratterizzano, che le danno sapore e colore.

Nelle nostre vite da Host quanto tempo passiamo ad attendere?
Tantissimo, ci ho scritto anche un post (anzi due, uno da Host e uno da mentore, Attesa non ti temo).

quanta attenzione mettiamo nel nostro fare accoglienza?
Anche in questo caso, tantissima.

Ma anche nella vita di chi non è Host: cambiano le variabili ma la sostanza rimane.

Attesa e Attenzione.


Due parole che esprimono concetti diversi ma che hanno la stessa radice.
Non so se ci avessi mai pensato.

Per meglio comprende questa “radice comune” mi faccio aiutare da alcune righe del poeta scrittore Rilke, in Lettere a un giovane poeta.

E per il resto lasciatevi accadere la vita.
Credetemi: la vita ha ragione, in tutti i casi. 
Non vi osservate troppo. 
Non ricavate conclusioni troppo rapide da quello che vi accade;
lasciate che semplicemente vi accada. 
Rainer Maria Rilke 


Ecco la radice comune.

L’attenzione a questa vita non è altro che attesa a qualcosa che può accadere.

Prova a pensarci.
Prova a riflettere sul tuo mettere attenzione, ogni giorno, più volte al giorno, nelle piccole cose della tua vita. Cosa c’è in questa tua attenzione?
Riconosci un’attesa sottesa (scusa il gioco di parole) a qualcosa che accadrà?

Perché questo qualcosa possa accadere (quel qualcosa che stiamo attendendo) è necessario che si sia lasciata ogni altra occupazione, ogni altro fine, e si sia tutti rivolti a ciò che deve o può avvenire, venire verso di noi.

Accadere appunto.

Noi normalmente opponiamo forti resistenze all’accadere della vita, perché immaginiamo, speriamo, pensiamo che possa raggiungerci qualcosa d’altro, qualcosa di più desiderabile, più giusto per noi (l’ospite perfetto, ma anche il lavoro, perfetto, il figlio, il compagno, l’amicizia, perfetta).

Così facendo ci perdiamo l’occasione di vivere la vita che, in fondo, è solo questa.

Dobbiamo diventare molto realisti, la vita è solo una, quella che ci accade.
Per questo ha sempre ragione.

Di norma noi affrontiamo tutto con grandi pregiudizi, precomprensioni, preoccupazioni.
Non siamo più disponibili a lasciarci raggiungere, non c’è più attesa.

Portare attenzione, nel nostro attendere.
Ecco lo spunto che vorrei lasciarti oggi.

Portiamo attenzione a noi quando attendiamo, qualcuno o qualcosa, impariamo a fare dell’attesa un tempo vivo e, allo stesso tempo, silenzioso, vuoto.

  • Quando incontriamo una persona quanto siamo liberi per accogliere l’altro per quello che è, per accoglierlo nella sua imprevedibilità?
  • Quanto lo affrontiamo partendo dai nostri pregiudizi, aspettative, desideri …?

Ogni volta che attendiamo qualcuno senza questa attenzione, questo vuoto, questo silenzio interiore, neghiamo all’altro la possibilità di essere libero, di liberarsi, di aprirsi e, a noi, di accoglierlo davvero. L’altro.

Ti saluto con un pensiero di S. Weil che ho trovato nel libro Attesa di Dio (che caso).

Occorre lasciare il proprio pensiero disponibile,
vuoto, permeabile, all’oggetto.
Si richiede solo uno sguardo attento …

Se non ci attendiamo nulla mentre attendiamo, se non ci anticipiamo nulla, la vita può accadere, finalmente.
Non dovremmo mai anticipare l’altro, le cose, Dio, la vita.
Non anticipare ma rimanere aperti, accoglienti.

Impariamo, allenandoci, a farci accadere la vita addosso.
Perché lei ha sempre ragione.

Ti auguro un mese di maggio foriero di nuove attese,
colorate da un’accesa attenzione.

[* Ti va di aiutarmi in questo mio dire, in modo nuovo, le parole che sono ricorrenti nel nostro essere e fare accoglienza? Vuoi suggerirmene qualcuna? Te ne sarei immensamente grata].

Giugno – Cosa ho fatto, cosa farò e cosa, forse, farò

Questa sarà l’ultima newsletter prima della pausa estiva.
Già dal titolo che ho scelto forse intuirai il perché.
Mi aspettano due mesi “caldi”.
Ma andiamo con ordine. 

Cosa ho fatto.
1. Una riflessione sul concetto di responsabilità.

Ho trascorso le prime tre settimane di maggio in modalità nonna quasi full time.
Due in Lombardia ed una, l’ultima, qui in Liguria. Io, la mia nipotina, Matilda, e la sua mamma, Nadia.
Settimane intense, chiaramente, faticose, anche, ricche di emozioni, di ricordi e riflessioni.
Insomma: tanto amore, con tutto quello che questo comporta.

Grazie a questa full immersion ho dovuto fare i conti, di nuovo, con il fatto che, nelle relazioni, soprattutto quelle più intime, andare solo dove siamo invocati è molto più complicato di quel che pensiamo.
Andare solo dove c’è bisogno di un nostro gesto di responsabilità, cioè di una risposta ad una richiesta, ad una invocazione di qualcuno è (per me) una sfida.
E aggiungo.
La lingua dell’altro, che sia un familiare, un amico, un ospite, è per noi una lingua straniera.
Non ci capiamo (Matilda docet, anche in questo).
Serve tempo, serve pazienza, serve la frequentazione e l’umiltà di accettare il fatto che non comprendiamo.
Ed è un lavoro faticoso.
L’alternativa?
La violenza (sempre più frequente nei maschi) o l’indifferenza (risposta più frequente nelle donne): due strade che poco han a che fare con l’amore, con l’accoglienza. Ahimè.

Se vogliamo lavorare sul nostro essere accoglienza dobbiamo cercare, con tutte le nostre forze, di diventare ogni giorno più consapevoli di come ci muoviamo nelle nostre relazioni e, dove possibile, migliorarci, e quindi mi chiedo e ti chiedo:

  • Sono capace di darmi il tempo che mi serve per capire la lingua dell’altro?
  • Sono capace di aspettare che sia l’altro a chiedermi un gesto di responsabilità, a chiedermi un aiuto, un intervento, una mano, o entro a gamba tesa nella sua vita pensando di essergli d’ aiuto (e magari mi offendendo se non vengo per questo ringraziata)?

Cosa ho fatto.
2. L’importanza di ripetere.

Sempre a maggio (in realtà per 5 settimane, tra la metà di aprile e la fine di maggio) ho avuto l’onore e la fortuna di lavorare con un gruppo di donne molto intraprendenti.
Tutte Host.

Il tempo trascorso con loro è stato, per me, un tempo prezioso.
Lo scopo principale del percorso era aiutarle a ri-innamorarsi della loro Vita da Host , a ricontattare l’entusiasmo dei primi tempi, a mollare la scontatezza che, purtroppo, si insinua subdola nella vita di tutti noi e a guardare a questo loro accogliere con occhi nuovi.
Come fosse la prima volta.

Un bel viaggio che mi ha portata ad essere qui, oggi, a condividere con te una riflessione sull’importanza del ripetere.

Ri-petere.
Petere significa domandare quindi ripetere, domandare di nuovo.
E’ la dinamica del vero pensiero.
Quando noi pensiamo è come se chiedessimo sempre di nuovo.
Mi son nuovamente resa conto di quanto sia importante tornare a ripetere alcuni concetti fondamentali perché, anche se può sembrare la stessa cosa, in realtà non lo è.
E’ richiesta in modo nuovo, di nuovo, per capire di più, per approfondire meglio.

E ancora una volta mi chiedo, e ti chiedo:

  • Quante volte nelle mie giornate mi capita di ripetere (magari ad un ospite, a un familiare, o sui miei canali social) qualcosa che avevo già detto, già mostrato, già raccontato? Quanto la cosa mi infastidisce? Quanto riesco ad essere “nuova” nel farlo?
  • Riesco a portare un valore aggiunto, a veicolare una maggiore bellezza con questo mio ripetere? Ci provo?

Lo so, le domande che ti lascio oggi non sono facili ma non avere fretta di rispondere. Tienile con te, se ti va, lascia che lavorino, dentro di te, nelle tue giornate.

Ed eccoci quindi, come conseguenza, a quello che vorrei fare ad agosto.

Cosa forse farò.
Il forse è d’obbligo perché son consapevole di non essere padrona del mio tempo, non come richiederebbe quella parte di me disciplinata e seria che quando prende un impegno non esiste proprio che non lo porti a termine. Ma così è, tra papà  “grande anziano” e nipotina … son sempre tirata in ballo.
La vita viene in aiuto in vari modi.
E va bene così.
Dicevo.

Cosa farò.

Il modo di fare accoglienza, nel tempo, è sicuramente cambiato, si è modificato, per certi aspetti ha subito una vera rivoluzione (ne ho parlato nel post Un’accoglienza inconsueta), ma le qualità sottese al nostro fare, quelle che colorano il nostro essere, accoglienza, son quelle di sempre.
Questo, però, non vuol dire che se ne abbiamo parlato una volta non ne dobbiamo parlare più. Anzi. Proprio perché si tratta di aspetti importanti, difficili per certi versi, van ripetuti, riproposti, ri-cordati.

Ho quindi pensato di dedicare il mese di agosto a ri-petere i post del mio Blog.

Non un copia incolla, chiaramente, ma una ripubblicazione “nuova”, per quanto possibile, ove possibile, per tornare a parlare di temi  importanti, anche se già affrontati, per provare a guardarli con occhi nuovi, nella speranza di capirli di più, più a fondo.

E’ un progetto ambizioso, lo so. Ma ho fatto il primo passo, il più difficile.
Te l’ho detto, ho iniziato a dargli forma.
Quel che riuscirò davvero a fare, lo vedremo.

Cosa farò.
Forse starai pensando che siamo a metà giugno e prima di arrivare ad agosto c’è del tempo.
E hai ragione. Cosa farò?
La prossima settimana sarà solo per me, mi prenderò cura del  mio spirito.
Poi mi dedicherò a Matilda e al mio papà. Ci sarà anche il mio compleanno (quest’anno cifra tonda: il 7 luglio compirò 60 anni!) con una reunion familiare proprio qui, nella piccola Spotorno.
Insomma, un gran da fare, tanto per cambiare.
Ancora una volta tante emozioni e tante occasioni per me per passare dal dire al fare, e, mi auguro, all’essere, accoglienza.

La vita ci viene in aiuto in vari modi.
Dobbiamo solo accoglierla.

Prima di salutarti ti lascio un pensiero di Krishnamurthi. 
Dice bene, meglio di tante mie parole, quanto sia importante questo nostro talento dell’accoglienza, quanto il nostro saper accogliere la Vita, con la sua impermanenza, ci possa cambiare la Vita. Eccolo.

La vita è strana, quando siamo chiari su quello che vogliamo fare le cose accadono. 
La vita ci viene in aiuto: un amico, una relazione, un insegnamento, una nonna, qualcuno ci sosterrà. 
La vita viene in aiuto in vari modi. 
Potrebbe non piacervi cosa accade, potrebbe trattarsi di infelicità, lotta, fame, ma quando invitate la vita, qualcosa accade. 
Però di solito non vogliamo invitare la vita, vogliamo giocare una partita sicura, ma chi vuole giocare sicuro, morirà sicuro…
Il fatto è che la verità è vita, e la vita non ha permanenza. 
La vita deve essere scoperta di momento in momento, di giorno in giorno; bisogna scoprirla, non la si può dare per scontata. 
Se date per scontato di conoscere la vita non state vivendo.

(J. Krishnamurti, Pensa a questo).

Bene, adesso ho davvero finito.
Ti auguro un’estate colma di pace, armonia e gioia.

Un abbraccio,

Cinzia

🎈 Compleanno chiama regalo, giusto?
Ho pensato di riproporre il servizio servizio una tantum Al Posto Tuo . Sarà acquistabile solo per qualche settimana ma, e questo è il regalo, per te che mi leggi, la consulenza iniziale sarà gratuita! Se dovesse essere adatto a te … approfittane, come puoi facilmente intuire, potrò accogliere solo poche richieste.

Novembre – E’ arrivato il momento di essere contagiosi.

Lo so, quest’annola mia “pausa” estiva è sembrata non finire mai.

Quando ti ho salutata a giugno non avevo idea di cosa la vita avesse in programma per me (avevo io, dei programmi, questo sì. Te ne avevo anche parlato nella NL di giugno). Ingenuamente pensavo già a quando avremmo ripreso il filo del nostro discorso a settembre, dopo aver fatto tutto ciò che avevo in mente di fare.

Mamma…

  • Rimettere mano al lavoro fatto on line, sul Blog, negli ultimi 5 anni, ripeterlo, ripensarlo, guardarlo da un diverso punto di vista, mi ha smosso una serie di emozioni che hanno richiesto un tempo molto più lungo del previsto per essere elaborate.
  • Quando finalmente mi sembrava di essere pronta per tornare, la vita mi ha mandata a gambe all’aria, questa volta fisicamente, e mi sto ancora rimettendo in sesto.

Da qualche giorno sono tornata nel mio eremo ligure. Solitudine, silenzio e quiete mi stanno curando. La bellezza e l’energia del mare mi son sempre d’aiuto.

Scrivere questa newsletter è la prima azione “social” che ho scelto di compiere: ho poco tempo, a breve dovrò tornare in Lombardia, devo e voglio approfittare di questa pausa.

La riflessione che ho pensato di proporti oggi è tutta raccolta nel titolo che ho scelto per l’email ed è, come sempre, ispirata dagli accadimenti della mia vita.

E’ arrivato il momento di essere contagiosi.

Questa estate, complice il clima davvero troppo caldo per me, mi son ritrovata, quotidianamente, a percorrere la stradina che mi permette di raggiungere velocemente il centro paese e il mare “contro mano”. Io risalivo a casa verso le 10 del mattino, quando tutti scendevano, e ritornavo giù intorno alle 18, quando in molti già risalivano.

E’ mia abitudine (son stata montagnina) salutare le persone che incrocio su un sentiero (ma anche sul marciapiede o comunque a portata di saluto ).

Di norma, dopo un attimo di smarrimento, il mio saluto viene ricambiato.

Ma questa estate è successo qualcosa di diverso.

Probabilmente il fatto di essere “contro mano” ha avuto il suo peso: la mattina le persone che incontravo erano, in gran parte, ancora addormentate, e la sera erano provate dalla giornata di sole. Forse il mio livello di attenzione e presenza nell’osservare le persone che incrociavo e salutarle era maggiore, ma sta di fatto che il tasso di risposta al mio saluto è stato davvero molto basso. Ma non nullo!

La maggior parte delle persone che incrociavo nemmeno alzava la testa, quei pochi che ricambiavano il saluto lo facevano a testa china, davvero pochissimi ricambiavano lo sguardo. Per non parlare del sorriso, questo sconosciuto.

Il mio intento non era certo quello di essere a mia volta salutata o magari accolta, con un sorriso. Non ero in cerca di un risultato.

Il mio fare (salutare sorridente chi incontro) nasce da un mio stato d’essere che reclama di essere manifestato. Senza se e senza ma. E, soprattutto, senza giudizio. E’ qualcosa che faccio perché fa star bene me e perché “sento” che può essere d’aiuto per gli altri.

Ma essendo sempre io un po’ in modalità maestrina ho registrato l’accaduto, l’ho tenuto dentro di me, l’ho elaborato, e adesso son pronta per condividerlo con te.

Accennavo al fatto che a settembre, mentre ero in Lombardia, mi sono ammalata, fisicamente. Sono stata contagiata, probabilmente, dalla mia nipotina (amore della nonna, certamente, ma anche ricettacolo di ogni tipo di virus che transiti nella sua orbita).

Il contagio fisico è facilmente visibile e testimoniabile, ahimè.

Ma esiste un altro tipo di contagio, più sottile.

Il contagio delle idee (pensa a quanto contagia il telegiornale, per esempio), il contagio dei modi di dire (spesso orrendi) , il contagio di modi di fare: cose senza senso che passano da persona a persona continuamente, inconsapevolmente.

Mettendo insieme le due cose, il portare il saluto ed il contagiare arriviamo alla riflessione di oggi.

E’ arrivato il momento di essere contagiosi.

Sento che è arrivato il momento di dare una svolta a questo periodo di frustrazione e depressione. E’ ora. Non è più possibile tergiversare. Vedo troppe persone intorno a me camminare piegate dalle preoccupazioni, dai pensieri, colmi di tristezza.

Quello che vorrei proporti oggi è diventare (io, te, noi tutti) contagiosi di accoglienza, portatori sani, se preferisci, di questo talento così importante, rivoluzionario, davvero in grado di cambiare il mondo.

Per farlo non è necessario parlare o fare chissà quali grandi gesta: sarà la qualità del nostro essere che farà questo cambiamento.

Come?

Proprio come nel contagio da virus o batterio. Serve una persona “malata”, meglio se nel momento di massima contagiosità della sua malattia, e serve qualcuno che le si avvicini a sufficienza, qualcuno che sia “vulnerabile” a quella malattia. Poi la natura ed il tempo faranno il loro corso. In maniera invisibile. Alcune persone si ammaleranno, altre no. Questo non dipende dall’ammalato.

Tu sai bene qual è la qualità animica che, più di altre, colora la tua accoglienza. Tu sai di quale “malattia” sei portatore.

Può essere il tuo sorriso, la tua empatia, la tua gioia di vivere, la tua fiducia nell’esistenza. Forse la tua tenerezza o la tua giocosità.

Scegli di indossare questa qualità, come fosse un bel vestito, e di portarla con te nelle tue giornate, nel tuo esistere.

Diffondila, nel mondo, come fosse luce: mentre fai la spesa, mentre attendi il tuo turno in coda, quando incontri qualcuno …

Ancora una volta mi ritrovo a parlarti di cose invisibili, lo so. Ma ricordi cosa dicevo nel post Essere Accoglienza? Invisibile non vuol dire che non esiste!

  • Possiamo scegliere, ogni giorno, di camminare per strada smettendo di pensare che lo spirito sia qualcosa di misterioso e nascosto. Non è così.
  • Possiamo scegliere di diventare contagiosi di accoglienza, di sorrisi, di luce, consapevoli che questa luce ha uno scopo, che tocca le persone, le cura.

Che bello sarebbe il mondo se questa fosse la normalità della nostra esistenza!

Avremo il coraggio di farlo?

Avremo il coraggio di camminare nella vita così, indossando il nostro essere accoglienza, regalando noi stesse, la nostra ricchezza interiore proprio come fa un fiore quando distribuisce il suo profumo?

Senza chiedere nulla in cambio, senza aspettarci risultati, certe che questo nostro essere accoglienza, che diventa un dare, è un seme che, con i suoi tempi e i suoi modi, quando sarà il momento germinerà.

Rivedendo il lavoro fatto in questi 5 anni mi sono resa conto di essere arrivata ad un punto di svolta.

Come ho più volte scritto l’accoglienza può essere un lavoro, a volte anche ingrato, può essere un talento, può diventare una vocazione ma, prima di tutto è un principio spirituale, un modo di essere.

Scegliere di parlare e scrivere di questo principio spirituale mi era sembrato il punto d’arrivo del mio lavoro ma, in realtà, mi sono accorta che questo focus sull’essere c’era già, fin da subito. Mi ci son voluti 5 anni per diventarne consapevole.

Adesso ho la netta sensazione che serva un ulteriore punto si svolta.

Se l’accoglienza è un principio spirituale e quindi ha a che fare con quello che noi siamo, credo sia arrivato il momento di mostrarlo al mondo, di vivere contagiando il mondo di questo nostro talento.

E’ arrivato il momento di essere contagiosi.

Di darci accoglienza, di diffonderla, di emanarla.

Ti saluto con un pensiero trovato “per caso” in un libro molto bello letto questa estate. Versetti pericolosi, di don Alberto Maggi.


Fa che ogni persona che incontri,

dopo averti incontrata,

si senta ancora più felice

di essere al mondo.

Don Alberto Maggi

Magari la parola felice non ti piace, la trovi “impegnativa”.

Puoi sostituirla con gioia, con leggerezza, con serenità.

Con fiducia nell’esistenza.

Mi pare un bel augurio.

Un abbraccio,

Cinzia

🎈 Il lavoro fatto ad agosto è diventato un post, lo trovi qui

🎈 Nel post Un’accoglienza inconsueta c’era già, in germe, questo discorso. Oggi l’ho estrapolato dal mondo dell’accoglienza turistica ed esteso alla vita, all’esistere. Se l’accoglienza è un principio spirituale, se ha a che fare con il nostro essere, deve essere presente in tutto il nostro fare. Anche il “semplice” camminare nel mondo.

Non credi anche tu?

🎈 Se l’argomento ti interessa, se vuoi approfondirlo, se vuoi parlarneRaccontami, ti ascolto è sempre disponibile.