Un'accoglienza inconsueta, Cinzia Pedrani, La Logica dell'Accoglienza

Un’accoglienza inconsueta.

Riflessione personale sul futuro dell’accoglienza.

Questo post potrebbe sembrare un ritorno al mio primo amore, l’accoglienza turistica.

Tra agosto e settembre ho trascorso diverse settimane nella casa di famiglia (B&B I Due Noci, attualmente chiuso) in zona Malpensa. Un angolo della provincia di Varese che conosco molto bene, turisticamente parlando, e che ho seguito, fin dagli ultimi anni Novanta, nel suo movimento ondulatorio tra duraturi picchi di richiesta di alloggi e repentini disastrosi cali.

Ad ogni picco ha corrisposto un incremento di strutture ricettive ed infrastrutture, ad ogni calo una inevitabile costrizione, sofferenza, chiusura o cambio di destinazione d’uso delle strutture stesse.

Ed eccoci al primo punto che vorrei evidenziarti:

ad ogni ripresa la tipologia di nuove strutture ricettive che veniva maggiormente incrementata era “diversa” rispetto a quelle che andavano per la maggiore prima della crisi stessa.

E questo perché, come accennavo nella newsletter di ottobre, ogni crisi porta con sé la necessità di una svolta e quindi un cambiamento.

Dall’hotel tradizionale, in centro città, quasi sempre con ristorante, ad alberghi dai servizi più essenziali, vicini all’aeroporto e alle infrastrutture, dagli affittacamere inizialmente molto basici ai bed and breakfast più o meno familiari e raffinati, per arrivare poi, alle case vacanza, agli affitti brevi, il tutto per andare incontro a quella che sembrava essere la domanda dei clienti.

Quest’anno, nelle settimane trascorse in zona, mi son resa conto, per esempio, che molte piccole strutture e anche qualcuna non proprio piccola han chiuso, altre han ridotto i servizi che offrivano (ad esempio il breakfast) altre ancora hanno fatto lavori di ristrutturazione cambiando proprio il genere di ospitalità che offrono.

Ho notato però che tutti i cambiamenti, a prescindere dalla tipologia della struttura, andavano in un’unica direzione e cioè verso una sempre minor interazione fisica con il cliente.

Ed ecco il secondo punto:

il cambiamento più eclatante che i due anni di pandemia stanno evidenziando è una tendenza alla teleaccoglienza, termine che, forse, non esiste ma che credo rispecchi benissimo questa scelta sempre più dilagante.

Tele, cioè a distanza. Un’accoglienza distante, fredda, asettica, dis-umana, in nome di una richiesta di sicurezza, in nome di una prudenza, di una paura della malattia, della morte, che, da sempre presente nell’animo umano, in questi ultimi due anni è stata alimentata a dismisura.

Quello che sta già succedendo è un aumento di offerta, sicuramente conseguente ad un aumento di richiesta, di alloggi con caratteristiche ben precise.

Unità abitative autonome, meglio se indipendenti (cioè con ingresso indipendente, angolo cottura, self check-in e check-out), grande presenza di tecnologia, di connessione, di accessori smart. Zero o quasi necessità di contatto umano per tutta la durata del soggiorno. Zero o quasi di rapporto 1:1 tra chi offre ospitalità e chi la riceve.

Lo scenario verso cui stiamo andando è quello di un’offerta di ospitalità turistica sempre più telematica, efficiente, che appaia sicura.

Ed eccoci alle domande che mi sono fatta e che mi han portato a scrivere questo post.

Siamo sicuri che percorrere questa strada ci porti ad una evoluzione della nostra umanità?

Siamo proprio sicuri che offrire un’accoglienza fatta essenzialmente di distanza e “sicurezza” sia l’unica risposta possibile?

Ho la netta sensazione che, nel giro di pochi anni, saremo tutti chiamati, Host e Guest, a scegliere che tipo di accoglienza offrire, che tipo di ospitalità cercare e, in pratica, che tipo di persona essere, che tipo di vita vivere, che tipo di mondo creare. Credimi, non sto’ esagerando.

Come tu sei, così è il mondo. Cinzia Pedrani, la logica dell'accoglienza

Ramana Maharshi, un mistico indù del XX secolo diceva:

Come tu sei, così è il mondo.

Ramana Maharshi

Le piccole strutture ricettive dovranno, nel giro di poco tempo, scegliere se allinearsi a quella che pare la tendenza dilagante alla teleaccoglienza o continuare a credere nel valore di un’accoglienza autentica e lavorare seriamente in questa direzione.

Lavorare sull’accoglienza è la mia missione, questo credo si sia capito, e non penso affatto che la tecnologia sia brutta e cattiva e quindi da evitare. Anzi. Credo sia uno strumento e come tale il suo essere buono o cattivo dipenda solo da come decidiamo di utilizzarlo.

La teleaccoglienza è già iniziata e, probabilmente, in parte è inevitabile. Ma dobbiamo fare attenzione a non lasciare che sia l’unica via percorribile, unica ed esclusiva.

L’accoglienza di cui abbiamo disperatamente bisogno se vogliamo andare verso un mondo, verso una vita, che salvaguardi la relazione umana, è qualcosa di inconsueto, di non scontato. Camere accoglienti, pulite, prezzi adeguati, colazioni abbondanti: son aspetti importanti, che ci devono essere, ma che non fanno la differenza di cui abbiamo bisogno oggi.

Un’ accoglienza inconsueta è frutto di un lavoro consapevole, quotidiano e costante su di noi.

Un’accoglienza inconsueta si fonda su un ascolto inconsueto e su una comunicazione, anch’essa inconsueta.

Un’accoglienza inconsueta, a differenza di quella più o meno a distanza (tele), non si improvvisa, non avviene in automatico ma richiede una scelta che va controcorrente, richiede uno sforzo.

Per come la vedo io la svolta che ci aspetta è proprio questa: passare da una vita, un lavoro, una società sempre più separativa e fatta di distanze ad una più accogliente iniziando ora, adesso, scegliendo di ascoltare davvero l’altro (ti ricordo il post Il tuo ascolto, la prima forma di accoglienza), scegliendo di comunicare, anche on line, con un linguaggio più personale, più cordiale, un linguaggio che utilizzi parole nuove, parole che non creino disperazione ma piuttosto che curino chi le ascolta.

Sto sognando?

Forse, ma come dicono in Africa:

Un sogno sognato da sola resta un sogno,

se lo sogniamo tutti insieme diventa realtà.

detto africano
Un sogno sognato da sola, Cinzia Pedrani, la logica dell'accoglienza

Sogniamo quindi, tutti insieme, un mondo dell’ospitalità turistica che sia la manifestazione di un’accoglienza non usuale. Facciamolo diventare reale.

Coloriamo le nostre strutture, le nostre vite, del colore unico ed irripetibile di questo nostro talento dell’accoglienza e facciamolo subito, facciamolo insieme, facciamolo ora.

4 pensieri su “Un’accoglienza inconsueta.

  1. Illuminante come sempre, Cinzia cara. Mentre lavoro fisicamente e mentalmente al mio minuscolo rifugio, con il cuore cerco di aprirmi ad accogliere l’altro, che poi è sopratutto imparare ad accogliere anche e forse soprattutto, le parti di me che mi piacciono di meno. È un viaggio meraviglioso e spaventoso allo stesso tempo, come tutti i viaggi importanti e degni di nota. Un abbraccio dal cuore.

  2. Fast check-in, casse automatiche, self check-in… il mondo dell’hotellerie è all’avanguardia nel considerare l’uomo un’appendice delle macchine. Sembra che stiano già progettando una Digital Cinzia in grado di fare tutte le tue funzioni con la sola eccezione del sognare…

  3. Caro Andrea, stiamo andando in quella direzione, e lo stiamo facendo alla velocità della luce!
    Ahimé!
    Ma dentro ad ogni Cinzia, ad ogni Andrea c’è un impulso che, ne sono certa, può invertire la rotta.
    Si chiama vita ed è fatto di creatività, di gioia, di tenerezza, di colori che nessuna macchina potrà mai condividere, che nessuna teleaccoglienza potrà offrire.
    Un sogno?
    Forse.
    Ma se lo sognano insieme …

  4. Chiara cara,
    scusa ma leggo solo ora, con immenso piacere, questo tuo commento.
    Che dire? hai centrato il punto.
    Un’accoglienza inconsueta parte sicuramente dall’accogliere prima di tutto noi stesse, come giustamente dici tu, quelle parti di noi che fatichiamo davvero ad abbracciare e che tendiamo a giudicare quando le vediamo negli altri.
    Si, è un viaggio affascinante, il lavoro su di sé, e anche difficile e spaventoso, ma, a mio avviso, l’unico che valga davvero la pena seguire.
    Ricambio l’abbraccio, di cuore.

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