Essere Accoglienza, la newsletter 2024

L’accoglienza può essere un lavoro, a volte anche ingrato, può essere un talento, può diventare una vocazione (anche di questo parleremo) ma, prima di tutto è un principio spirituale, un modo di essere.

𝙴𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚌𝚌𝚘𝚐𝚕𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊, appunto.

Essere Accoglienza, la newsletter di Cinzia Pedrani

[Se vuoi comprendere meglio il lavoro fatto in precedenza, se vuoi riprendere il filo del discorso, qui troverai tutte le newsletter 𝙴𝚜𝚜𝚎𝚛𝚎 𝙰𝚌𝚌𝚘𝚐𝚕𝚒𝚎𝚗𝚣𝚊 spedite nel 2023, Metamorfosi, la newsletter del 2022, Vita da Host, la newsletter del 2021 e precedenti ]. Buona lettura e buona accoglienza].

  • Febbraio – Silente ma non assente: son di nuovo on line. NL 105
  • Marzo – L’inizio vuole iniziare. NL 106
  • Aprile I (quattro) tempi dell’accoglienza. NL 107, la newsletter che non ho mai spedito.
  • Maggio – Giochiamo con il talento dell’accoglienza. NL 108.
  • Giugno – Diventare accoglienti (ma dove trovi l’ispirazione per i tuoi post? NL 109

Giugno – Accoglienti si diventa.

Ma dove trovi l’ispirazione per i tuoi post?

Inizio subito con il dirti grazie per aver accolto con affetto la precedente newsletter.

Ho iniziato a lavorare con chi ha scelto la stesa L’accoglienza svelata e ne sono molto felice.

Parlare di accoglienza è quello che amo fare, praticarla, anche leggendo il Taroth, è una sfida quotidiana dalla quale cerco di non sottrarmi.

Nel frattempo ho pubblicato un nuovo post sul Blog. Accoglienti si diventa.

Questa idea evolutiva mi ronzava in testa da tempo ma ha preso forma ora “leggendo”, o forse dovrei dire svelando, l’accoglienza di chi mi ha chiesto aiuto per condivide la stesa.

Molte volte mi è stato chiesto dove trovo l’ispirazione per i miei post.

(E, di conseguenza, dove puoi tu trovare l’ispirazione per il tuo Blog, i tuoi post, …)

Ecco svelato l’arcano.

La trovo nell’esperienza, nel quotidiano, nel mio lavoro, nel tempo libero, nello studio.

Tutto quello che attraverso è per me fonte di ispirazione, è motivo di una riflessione su questo nostro talento. L’accoglienza.

[Anche una preghiera ascoltata, “per caso”, in un video su You Tube, te la lascio a fine email].

Dicevamo, nella scorsa N.L. ti ho proposto L’accoglienza svelata, una lettura tarologica, un’occasione (a mio modo di vedere preziosa) per aggiungere consapevolezza al tuo fare ed essere accoglienza.

Riflettere sulle qualità che riteniamo di possedere, gli aspetti che consideriamo più deboli, più incerti nel nostro fare, sulle situazioni che non riusciamo a gestire, tentare di svelare quali sono le dinamiche più frequenti che ostacolano la nostra accoglienza ed infine capire come superare tutto questo è un lavoro profondo, foriero di riflessioni preziose.

Condivido con te alcuni spunti.

  • C’è un cammino, un’ evoluzione, nel nostro essere (e, di conseguenza fare) accoglienza. Sembra un’affermazione scontata ma, ti assicuro, non lo è. E questo cammino avviene anche in maniera del tutto inconsapevole. Per inerzia direi. Avviene nonostante noi. Certo lentamente, con i suoi tempi, ma la Vita ci porta avanti, proprio come l’onda porta il mare sulla spiaggia. Suo malgrado. Durante le letture è emerso che nel fare è facilmente identificabile, il cammino in avanti. Nell’essere un po’ meno. L’invisibile ci crea sempre qualche problema. Ma è da lì che “parte l’onda”, è il cammino di crescita che avviene nell’invisibile che ci porta a manifestare sempre più e sempre meglio, nel fare, questo nostro talento. Accogliere. Volgere il nostro sguardo dal fuori al dentro è un passaggio difficile, non spontaneo, che ci crea sempre qualche difficoltà ma è anche indispensabile se vogliamo iniziare questo cammino. Diventare accoglienti.
  • Rifletterci su, portarci attenzione è come aggiungere un soffio di vento alle onde del mare: aggiungere consapevolezza a questo nostro cammino è un accelleratore importante. Nel momento in cui qualcuno mi invita a “vedere” un aspetto che non avevo valutato, ad approfondire il mio intento nel fare ecco che subito ne prendo consapevolezza. Non è una tappa indolore, nelle letture è emersa tutta la difficoltà di questo passaggio. Se mi oppongo, se non vedo, se non voglio affrontare quel particolare aspetto mi chiudo, ostacolo il cammino. Non divento. Se invece ascolto, accolgo e lascio che questo “nuovo” mi accompagni ecco che inizia ad avvenire il miracolo. 
  • Scegliere di volerlo, desiderarlo è il passaggio fondamentale. Se so che nel mio fare ed essere accoglienza non sono compiuto, arrivato, se sento vera questa idea evolutiva, questa possibilità, nel tempo, di crescere e decido di voler diventare (debbo diventare!) accogliente in modo nuovo, manifestando qualità inedite e intensificando quelle che già mi riconosco. Riprendendo la metafora possiamo dire che se portare attenzione è una brezza lieve, desiderare crescere in questo nostro fare ed essere accoglienza è paragonabile ad un vento importante, una forza che sposta le onde molto avanti, che lascia un segno visibile nella vita tua e di chi è da te accolto. Provare per credere.

Questi tre atteggiamenti, emersi bene durante le letture, sono presenti in ciascuno di noi. In misura diversa, in momenti diversi della nostra vita, coesistono. Vederli è il primo passaggio, lavorarci su il secondo.

E come dico sempre, è un lavoro che dura una vita intera.

Spero che queste mie riflessioni ti siano d’aiuto, mi auguro anche che siano, a loro volta, fonte di ispirazione per te, nel tuo fare ed essere accoglienza.

Ti auguro giornate colme di accoglienza.

Fatta, ricevuta, vissuta, declinata come meglio credi.


Un abbraccio,

Cinzia

–  Nel post Accoglienti si diventa troverai molti dei contenuti che ti ho proposto oggi. Posti in maniera diversa, certo. La fonte è una. E’ la Vita. Il modo di esprimere ciò che sento vero invece cambia.

– Rimarrò disponibile per la lettura L’attesa svelata e anche per un lavoro più tradizione 1:1 per tutta l’estate. Lo puoi richiedere alla pagina Raccontami, ti ascolto.
On line o in presenza se ti va di raggiungermi.

Maggio – Giochiamo con il talento dell’accoglienza.

Arrivo solo oggi, 31 maggio, nel tuacasella di posta: ultimo giorno disponibile per poter definire questa email una newsletter “di maggio”.

A mia discolpa posso affermare che ci sto pensando da tempo, non so se vale.

In questo mio tentativo di parlare di accoglienza senza affrontare direttamente gli aspetti pratici dell’accogliere (il fare, per intenderci) ma cercando di riflettere, con te, sull’invisibile (l’essere) che sottende, in ogni istante, a questo nostro accogliere, a volte mi perdo e … temo di perdere anche te.

Per una donna razionale quale son sempre stata io, non è facile muoversi sull’onda di un (profondo) sentire, senza sapere bene dove tutto questo mi porterà.

A volte perdo la fede (concedimi il termine): mi sembra di non essere davvero d’aiuto a nessuno, mi sento persa: smarrisco il senso di questo mio fare e mi blocco.

Questo mese, per esempio.
 

Non so quel che sono,

non son quel che so …

(Il libro del Pellegrino Cherubico, distico n.5)


Tranquilla, non è mia intenzione, oggi, proporti una riflessione su come affrontare questi momenti, su cosa fare o non fare per uscirne: per ora sento di non avere nulla di davvero interessante da dirti.

Ma ho pensato di condividere con te che mi leggi questo mio stato d’animo diciamo “diversamente” accogliente e, partendo proprio da qui, proporti qualcosa di diverso.

Qualcosa che ha sempre a che fare con l’invisibile (il nostro essere accoglienza si muove proprio qui, nell’invisibile) ma che ha l’apparenza di un gioco.

Ti propongo una lettura tarologica.

Non so se lo sai ma da anni io e il Taroth abbiamo una relazione seria ed appassionata. Una vera e propria storia d’amore. Te la racconto qui.

Lui per me c’è, sempre, nei momenti di difficoltà e non solo.

Tra il serio e il faceto è per me fonte di ispirazione e riflessioni profonde.

Io parlo di gioco ma, in realtà, i tarocchi sono un potentissimo strumento di consapevolezza del presente, sono lo specchio di ciò che siamo. In questo istante.

Per questo ho pensato di passare a lui la parola questo mese (in realtà, visto che oggi è il 31 maggio, sarà per il mese di giugno 😍 ) e proporti di trovarci insieme on line.

Io, tu e il Taroth.

Affido a lui il compito di guidarti in una riflessione sul tuo fare ed essere accoglienza.

Cosa ne dici?

Chiaramente ho pensato ad una lettura mirata. Le ho anche dato un nome: L’accoglienza svelata.

E’ una stesa a 4 carte, useremo gli arcani maggiori.

1. Come vivo oggi il mio talento dell’accoglienza

2. Come vorrei riuscire manifestarlo in futuro

3. Quale sento essere oggi il principale ostacolo nel farlo

4. Come superarlo

Cosa ne dici?

Ti va l’idea?

Io non vedo l’ora: per partecipare non devi fare altro che rispondere a questa email.

Il consulto durerà una trentina di minuti (indicativamente), sarà on line (a meno che tu non viva vicino a me, tra Spotorno e Cardano al Campo) e sarà a contributo libero.
Come sempre.


Noi tutti siamo creatori di magia ma a volte ce ne dimentichiamo.


Buon ultimo giorno di maggio.

Aprile – I (quattro) tempi dell’accoglienza

In questo ultimo mesemi son trovata a riflettere su questo tema: i tempi dell’accoglienza.

L’accoglienza è un talento, questo ce lo siamo già dette, è una qualità spirituale, questo lo stiamo capendo sempre meglio, ed è anche un processo o, meglio, si manifesta in un processo, in un susseguirsi di momenti. Di tempi.

Un po’ come la vita se ci pensi.

Quattro sono i tempi che vedo io.

Potremmo sicuramente evidenziarne molti altri ma oggi ho scelto di partire da qui e di farlo prendendo spunto, come sempre, dalle mie esperienze di vita.

Mi sono trasferita in Liguria e, nel mio piccolo eremo, mi capita di accogliere figli, amici, amori, per uno o più giorni. A volte si annunciano, altre volte no, semplicemente arrivano.

L’ultima volta è successo qualche settimana. L’atteso era uno dei miei figli e nell’osservarmi in quel mio fare, essere e dare accoglienza, mi è nata questa riflessione.

Ho avuto conferma del suo arrivo la mattina stessa e, felice, ho iniziato subito ad accoglierlo con il “primo tempo”.

1. Preparazione

Prima dell’arrivo di qualcuno o qualcosa nella tua vita è necessario prepararti. Restando sul mio esempio: ho riordinato, sistemato, creato uno spazio per lui, per le sue cose, mi sono “messa in ordine” io …

La nostra accoglienza inizia così, preparando noi e gli spazi dedicati all’accogliere, prendendocene cura.

Chiaramente questo primo tempo va ben oltre il semplice pulire e riordinare degli spazi. Prepararci ad accogliere ha a che fare con la scelta, più o meno consapevole, di aprirci a ciò che non conosciamo, all’imprevedibile, al nuovo che l’altro inevitabilmente porta con se.

2. Attesa

L’attesa la vedo come un secondo tempo: dopo aver preparato me stessa e il luogo dedicato all’accogliere, inizio ad attendere (mio figlio, il mio ospite, il nuovo che mi raggiunge in ogni istante).

Mi sento di poter affermare che, senza attesa, non c’è vera accoglienza proprio perché non possiamo davvero accogliere ciò che non attendiamo.

E non solo come tempo (non è che più è lunga l’attesa e più è di qualità la mia accoglienza) ma come stato d’animo. Vivere l’attesa vuol dire aprirmi, rendermi disponibile, svuotarmi di aspettative. Creare spazio.

A voler ben guardare l’attesa inizia già nel primo tempo, inizia anche prima, nella comunicazione che intercorre prima dell’arrivo. Email, messaggi, telefonate, son già parte integrante del nostro accogliere. 

Già lì inizi a preparare l’accoglienza che verrà, inizi ad attendere.

E l’attesa fa parte della festa.

3. Incontro e tempo condiviso.

L’atteso ad un certo punto arriva. E’ il tempo dell’incontro, della condivisione, dell’ascolto dell’altro, della tenerezza, ma anche del confronto sincero, del silenzio condiviso.

Potrebbero essere due tempi distinti, certamente, ma ho preferito accorparli. L’incontro è parte di tutte le forme di accoglienza (o dovrebbe, ahimè, perché pensando a chi è Host: la moda del self check in va in contro tendenza e spazza via anche buona parte del punto 2, l’attesa) il tempo condiviso no. Dipende. 

Per quanto mi riguarda il tempo condiviso è il tavolo da gioco del mio essere accoglienza. E’ lì, nella relazione, che tutto il mio fare (tutto il mio preparare, il mio attendere) accoglienza acquista un senso, un valore. E’ lì che avviene lo scambio tra chi accoglie e chi è accolto: come due vasi comunicanti, quasi senza rendercene conto, si dona e ci si arricchisce.

Esperienze, idee, emozioni … in questo tempo tutto viene messo sul tavolo da gioco e … offerto.

Lungo o corto che sia questo è un tempo prezioso.

L’accoglienza dipende da una particolare capacità

di vivere l’altro come un’opportunità e non un’invasione.

Donatella Caprioglio

4. Lasciare andare

Tutto ciò che abbiamo accolto, prima o poi, dovremo lasciarlo andare. Figlio, fidanzato, ospite o stato d’animo. Per un periodo, per sempre … poco cambia.

Lasciare andare è un tempo sostanziale dell’accogliere ( in realtà lo sono tutti e quattro a mio avviso) perché solo lasciando andare posso di nuovo, nuovamente, prepararmi ad accogliere l’inaspettato.

Può essere un tempo difficile, addirittura doloroso (in realtà, ancora una volta, tutti e quattro lo possono essere) se i tempi precedenti son stati vissuti senza una vera accoglienza ma, per esempio, sviluppando attaccamento o magari dipendenza o alimentando aspettative o silenziose richieste.

Preparazione, attesa, incontro e tempo condiviso, lasciar andare.

Quattro tempi, un processo, che ho visto chiaramente osservandomi nel mio accogliere mio figlio (e quindi potenzialmente ogni ospite che bussa alla mia porta) e che riconosco anche nel mio accogliere “altro”. Mi riferisco a cose meno visibili ma, per questo, non meno vere. Un pensiero, un’intuizione, un’emozione, un insegnamento. La bellezza che mi circonda. La vita che in ogni istante mi raggiunge chiedendo solo di essere accolta.

Non so se sei d’accordo con me, non so se riconosci anche tu, nel tuo accogliere, questi stessi tempi, se in questi termini, o in maniera diversa, o magari vedi altri tempi, altre dinamiche.

Raccontami, se ti va, rispondendo direttamente a questa email.

Sarò ben felice di leggerti.

Ti auguro un mese di aprile colmo di accoglienza.

Donata e ricevuta.

Un abbraccio,

Cinzia

Marzo – L’inizio vuole iniziare.

Mettendo nuovamente mano a questo mio piccolo Blog, mi sono accorta che, per me, il mese di marzo ha una sua caratteristica specifica (della quale ero del tutto inconsapevole, ahimè): è un mese portatore di nuovi inizi, di nuovi punti di vista.

Per dirla meglio, marzo è il mese in cui manifesto, con nuove immagini e nuove parole, un nuovo modo di parlare di accoglienza.

E’ come se, dopo aver affrontato il mese di febbraio dedicato alla Challenge e quindi al “passato”, o, per dirla meglio, al consolidare il lavoro fatto nell’anno precedente, sviluppando in maniera diversa tracce di lavoro uguali o simili, marzo sia il mese della svolta, dal “vecchio” al “nuovo”.

Un nuovo che chiede di essere manifestato.

Come? Non lo so, ogni volta, di nuovo, non lo so.

La cosa mi spaventa? Si, tantissimo.

Ci lotto contro? Non sai quanto.

Ma in questi anni ho capito che se sai cosa vuoi cominciare probabilmente non sei all’inizioperché l’inizio deve necessariamente portare con se qualcosa che non conosci.

Qualcosa di misterioso.

Dove non c’è inizio c’è quello che credo di sapere già, c’è una ripetizione, una noia, una routine, la morte.

E quindi eccomi quindi qui, nuovamente, a marzo, con questo pungolo, a rivedere il lavoro fatto, rileggerlo, risentirlo alla luce delle ma nuova che sono oggi e poi cercare di lasciare andare tutto per, di nuovo, iniziare. Davvero dall’inizio.

Cosa può dire (di utile) a te, al tuo fare e essere accoglienza, questo mio discorso?

Mah, forse niente, forse qualcosa, chissà …

Se tu che mi leggi sei anche Host probabilmente sei alle porte di un nuovo inizio, una nuova stagione.

Ci hai mai pensato in questi termini?

Hai mai, davvero, affrontato la riapertura come un nuovo inizio, con lo stato d’animo che avresti davanti a un qualcosa di assolutamente nuovo, di mai visto, di inedito?

Hai mai affrontato la riapertura dando voce alla nuova te, alla te di oggi, al suo sguardo nuovo e forse differente sul tuo fare ed essere accoglienza?

E se Host non sei ma sei qui perché hai intuito che lavorare sul tuo essere accogliente nella vita, alla vita, è importante, che rapporto hai con gli inizi?

Come li vivi? Questo mio discorso ti risuona?

Per quello che posso vedere io, nella mia vita, iniziare davvero qualcosa dall’inizio è difficile ma credo anche che è così (solo così) che dovremmo vivere, così dovremmo iniziare una giornata, un incontro, una trattativa, una telefonata. Una newsletter.

Iniziare, dimenticando tutto quello che ci rende così ostili e diffidenti nei confronti della vita, dell’altro, del nuovo, davvero capaci di cominciare ora, guardandoci l’un l’altro, guardando noi stessi come ci si guarda all’inizio.

Con meraviglia, con amore.

E’ incerto l’inizio.

L’inizio vuole iniziare.

Chiede solo questo.

Non è facile trovare le parole per esprimere un certo sentire.

Per fortuna ci sono i poeti che ci vengono in aiuto.
Un solo verso veramente poetico rende migliore il mondo, perché cantare una cosa trasforma la realtà, ragionarci su no. 

L’iniziativa lodevole.


Tramite miti tremori

dietro la spalla sinistra

preme qualcosa come un inizio

che vuole cominciare

non so cosa.

Il cominciare da capo

è il contenuto di questo inizio

che ricomincia ogni volta più anteriore

un discorso che è da poco incominciato.

Dammi il soccorso che offri ai principianti.

Fammi incominciare proprio per bene.

Ora e per sempre insieme.

M. Guzzi

Ti auguro di vivere questo mese di marzo come fosse la prima volta,

perché così è. 

Ti auguro di incominciare, qualunque cosa tu stia per incominciare,

proprio per bene.

Febbraio – Silente ma non assente: son tornata on line.

Buongiorno a te!

Spero tu sia altrettanto felice di leggermi quanto io lo sono di scriverti.

Questo “noi” mi è mancato, lo confesso.

Ma, come forse avrai già letto, ancora una volta gli accadimenti della vita (leggi nipotina e papà) mi hanno reclamata e … assorbita completamente.

Da qualche giorno ho ritrovato un po’ di “libertà” nel mio eremo ligure e subito è tornata a farsi sentire quell’urgenza che, da anni, mi spinge a riprendere in mano questo mio progetto, a riallacciare i rapporti con te che, con affetto, mi segui, a riflettere di nuovo, in modo nuovo, sul talento dell’accoglienza.

Febbraio, come sai, da anni è per noi il mese di My Hospitality Challenge, letteralmente una sfida (challenge) ma io preferisco pensarla come un’opportunità per ripensare, tutti insieme, al nostro fare, essere accoglienza e dare (darsi) accoglienza.

Mi sono interrogata molto, tanto per cambiare, sull’utilità di riproporre questi giorni di lavoro insieme: il mio lungo silenzio mi porta a temere che tu possa aver perso interesse in questo nostro lavoro, che tu possa essere in altre faccende affaccendata, a tua volta assorbita dagli accadimenti della tua vita.

Ma poi ho pensato che forse anche tu, come me, sei silente ma non assente, forse ti stai occupando di altro, hai altre priorità, magari più pratiche, ma questo talento continua a vivere in te, tu continui a custodirlo e a manifestarlo e, forse, non vorrai perdere un’occasione per tornare ad alimentarlo. Forse.

Alla fine quindi ha vinto quella che io chiamo urgenza, questo mio bisogno di tornare on line, di condividere con te, con chi vorrà seguirmi, riflessioni circa questo talento così importante: l’accoglienza.

Si parte, come consuetudine, il 14 febbraio.

Non mi dilungo qui nei dettagli. A fine email ti lascio tutti i link “qualitativi” che penso possano esserti d’aiuto e che potrai con calma consultare prima di iniziare.

Per qualunque dubbio, curiosità o difficoltà non esitare a scrivermi (puoi farlo anche direttamente rispondendo a questa email).

Ti rubo solo 2 minuti, prima di salutarti, per accennarti al fatto che, ripensando alla Challenge, quest’anno ho voluto proporti un punto di vista differente dal quale potrai, se vorrai, partire nel tuo riflettere, giorno per giorno, sui temi proposti.

Meditando sul mio accogliere ho immaginato una scala dell’accoglienza (sulla falsa riga della scala dell’ascolto, ricordi?): sette diversi livelli, sette possibili stati di coscienza sui quali “poggiare i piedi” quando manifestiamo questo talento. Anche semplicemente scrivendo un post sui nostri canali social.

Quello che sto capendo con sempre maggiore chiarezza è che la dimensione spirituale della persona (e il nostro talento dell’accoglienza è parte di questa dimensione) non si sviluppa automaticamente solo con il passare del tempo ma richiede particolari atteggiamenti di ascolto, accoglienza, un particolare clima di attenzione, di silenzio: si sviluppa solo a condizione che ci sia una certa cura, una certa attenzione.

Il tempo che sceglierai di dedicare a questa Challenge potrebbe essere proprio questa cura, questa attenzione.

Trovi tutto in questo post.

Come vedi son di nuovo qui.

Per te, con te.


Ecco il link alla pagina My Hospitality Challenge 2024 dove troverai tutte le informazioni utili per partecipare (o decidere se farlo) alla Challenge.

Infine, se non lo hai ancora fatto, ti invito ad acceder al nostro gruppo Facebook. Mi serve tutto l’aiuto possibile per farne uno spazio vivo, un luogo davvero accogliente, dove coltivare la fiducia. Il poco tempo che ho non mi permette di prendermene cura come meriterebbe.