A proposito di talenti

A proposito di talenti.

Ho scritto un po’ ovunque su questo mio blog che l’accoglienza è un talento, il più grande dei talenti (addirittura).

Qualcuno mi ha detto che no, non è vero, mi sono sbagliata, l’accoglienza non è un talento! Talento è saper danzare, dipingere, scrivere. Saper cantare, anche.

Ma davvero?

Davvero se pensi ad una persona di talento ti vengono in mente solo artisti famosi? Non posso crederci.

È arrivato il momento di ridimensionare un po’ le idee che abbiamo su cosa siano davvero i talenti perché, purtroppo, il risultato di un certo modo di pensare è che molte persone son convinte di non sapere fare niente, di non possedere talenti.

Ma è proprio così?

No, non lo è.

Dentro ad ogni essere umano ci sono dei talenti, tantissimi talenti.

Ognuno di noi è un capolavoro di perfezione divina a prescindere dal fatto che il mondo, là fuori, glielo riconosca con gloria e fama.

I talenti non sono tanto legati a cosa facciamo ma a come lo facciamo perché i talenti hanno a che fare con chi siamo.

Il mese scorso ho letto Gesù figlio dell’uomo, un libro di K. Gibran.

L’autore crea dei monologhi dove a parlare sono persone che hanno incontrato Gesù durante la loro vita e lo descrivono, ne parlano. Un libro davvero molto bello.

In uno di questi monologhi a parlare è un ricco Levita dei dintorni di Nazareth.

Ecco cosa dice.

Un bravo falegname.

Le porte che fabbricava non venivano mai violate dai ladri e le finestre che costruiva si aprivano docili ai venti di levante e ponente.Questi lavori li eseguiva alla maniera dei Greci e dei Caldei. Ma c’era qualcosa nella sua arte che non era né greco né caldeo.

Questa mia casa fu edificata da numerose mani trent’anni orsono. Andai alla ricerca di costruttori e falegnami in tutte le città della galilea. Ognuno di loro possedeva la perizia e l’arte di costruire edifici, e io fui soddisfatto e mi compiacqui in ogni cosa che fecero. Ma vieni ora e guarda le porte e le finestre che furono costruite da Gesù di Nazareth. Nella loro solidità si burlano di tutto il resto.

Non vedi che queste due porte sono diverse da tutte le altre porte?

E questa finestra che si apre a oriente, è o non è diversa da tutte le altre finestre?

Tutte le mie porte e finestre si arrendono agli anni ad eccezione di queste che costruì la sua mano. Solo queste resistono contro gli elementi.La cosa strana è che quest’operaio avrebbe meritato la paga di due uomini e riceveva il salario di uno: e ora in Israele è ritenuto un profeta!

Gesù, figlio dell’uomo.

Questo brano, a mio parere, ci permette di capire meglio cosa sono, in realtà, i talenti, e come, nel manifestarli, riveliamo al mondo chi siamo.

Ogni essere umano ha, nel suo intimo, una vita piena e ricca ed esprime i talenti facendo quello che fa in un modo che è suo, solo suo.

Ma, per vedere queste cose, dobbiamo cambiare il nostro sguardo.

Un falegname, ecco cos’era a quel tempo, il giovane Gesù, bravo, tanto bravo da essere scelto da questo ricco Levita, ma non era solo bravo: era impregnato di amorevolezza! Era amore!

Raccontami la tua accoglienza

Siamo tutti impregnati di talenti ma non si possono sviluppare i propri talenti se non facciamo un piccolo sforzo per mettere amore in tutte le cose. E questa è una prima regola.

Qualunque forma di lavoro, qualunque attività scegliamo di fare, se passa attraverso l’amorevolezza che noi possiamo avere nei confronti di noi stessi e degli altri è, di per sé, espressione di un talento.

Forse tu che mi leggi non sei una persona famosa, ti sembra di non fare niente di speciale ma sei amorevole, accogli chi arriva nella tua vita con un sorriso, crei bellezza intorno a te e lo fai per gli altri, perché gli altri siano felici.

Lo fai anche se loro, gli altri, non se ne accorgono. Lo vedi quanti talenti manifesti?

Forse sei una di quelle persone che, quando ti chiedono di fare un lavoro, lo fai, lo fai bene. Ti fai pagare il giusto, non cerchi di fregare nessuno e poi te ne vai.

Fai le cose ben fatte. Che meraviglia!

I talenti in realtà sono questi, questa normalità che, se ci porti attenzione, capisci che tanto normale in realtà non è, sono questo impulso all’amorevolezza, al servizio, al cominciare ad avere un altro tipo di mentalità nell’esistenza quotidiana.

Senza che nessuno se ne accorga.

E forse questa è la parte dura, perché vorremmo essere sempre al centro dell’attenzione.

Tornando al brano di Gibran. Gesù, il falegname, non si preoccupava di chi fosse il suo datore di lavoro. Lavorava bene, con amorevolezza, con obbedienza, modestia, con abbandono (son tutti talenti) senza occuparsi di valutare se l’altro meritasse o meno il suo lavoro.

Noi spesso cadiamo in questo tranello: io sarei amorevole (generosa, fedele, efficace, tenera, paziente … vedi tu quale talento inserire) ma lui non lo merita.

Può essere che non se ne accorga nessuno, ma questo non è un problema: il Levita non si è accorto del reale valore di Gesù se non dopo molti anni.

Il brano continua poi così.

L’avessi saputo allora che era un profeta, quel ragazzo con sega e pialla! L’avrei pregato di parlarmi, piuttosto che di lavorare, e l’avrei pagato oltre il dovuto per le sue parole.

E ho ancora molti lavoranti nella casa e nei campi.

Come si riconosce la mano che stringe gli arnesi da quella su cui si posa la mano di Dio?

Sì, come si riconosce la mano di Dio?

Gesù, figlio dell’uomo.
Pinterest, a proposito di talenti

Se vogliamo che la nostra vita sia la manifestazione dei nostri talenti forse dovremmo abituarci a fare un lavoro silenzioso ed interno, dovremmo girare lo sguardo, si dice così, dal fuori al dentro, dovremmo concentrarci sull’essere più che sul fare.

I talenti, quelli veri, quelli di cui parla Gesù nella famosa parabola, sono i colori con i quali scegliamo di colorare la nostra vita, le nostre giornate, le nostre relazioni: sono il come facciamo le cose “normali” che facciamo ogni giorno. Alcuni esempi?

La capacità di regalare la propria amicizia è un talento, regalare amore, avere un cuore che comincia a vibrare d’amore e condivisione è un talento, un sorriso sincero, regalato senza chiedere nulla in cambio è un talento, accogliere, e nel farlo, manifestare tenerezza, gioiosità, giocosità (perché no) fiducia nell’esistenza è un talento, iniziare a comprendere che, se aiuto l’altro, aiuto me stesso e quindi: aiutare è un talento, smettere di lamentarsi, prendere la tua vita sulle spalle è un talento!

Io,Me, Cinzia Pedrani

Prova quindi, da oggi, a lasciare andare il concetto che avevi di “persona di talento” ed inizia a pensare a te stessa, alla tua quotidianità, al tuo fare, e prova a riconoscere ed elencare tutti i talenti che manifesti, silenziosamente.

Prova a sentirne la qualità!

E adesso che hai capito, adesso che conosci i tuoi talenti, che li hai sentiti, manifestali, condividili con generosità, accettali come un tuo punto di forza e lascia che, esprimendoli, tu possa manifestare al mondo chi sei davvero.

Ti svelo un segreto: quanto più con il tuo fare di tutti i giorni li manifesterai, li accrescerai, li condividerai con generosità, tanto più troverai grandissima soddisfazione in quel tuo fare, e, quel tuo fare, sarà davvero unico e davvero al servizio degli altri e lì, proprio lì, troverai il senso della tua esistenza.

si riconosce la mano di Dio.

[Argomento interessante questo dei talenti; non trovi anche tu? Se ti fa piacere potrai utilizzare Raccontami, ti ascolto per approfondirlo]

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