Non so se hai avuto modo di sfogliare l’ultimo post pubblicato, Tornare indietro per andare avanti.
Brevemente: ho dedicato parte della mia pausa estiva a ri-vedere, a ri-petere il lavoro fatto in questi 5 anni di Blog. E’ stato molto impegnativo: non solo il farlo ma anche, durante e dopo il lavoro, il gestirlo, emotivamente.
Come ho più volte scritto in questo 2023, l’accoglienza può essere un lavoro, a volte anche ingrato, può essere un talento, può diventare una vocazione ma, prima di tutto è un principio spirituale, un modo di essere.
Nel post Un’accoglienza inconsueta scrivevo:
Quello che vorrei provare a fare, da oggi in avanti, è continuare ad occuparmi di accoglienza, della tua accoglienza, del tuo essere accogliente nei confronti della vita, partendo dal presupposto che accoglienza non è solo una questione di fare o non fare qualcosa, ma è un modo di essere, è un principio spirituale del quale possiamo innamorarci e, a quel punto, averlo sempre con noi.
Scegliere di parlare e scrivere di questo principio spirituale mi era sembrato il punto d’arrivo del mio lavoro ma, grazie a questo mio tornare indietro, mi sono accorta che il focus sull’essere accoglienza c’era già, fin da subito.
Sotteso fin dai primissimi post, nella mia scelta di proporti un lavoro che fosse più qualitativo, di aiutarti ad accogliere condividendo con te solo ciò che avevo sperimentato e visto funzionare nella mia vita, nel mio fare ed essere accoglienza.
Mi ci son voluti 5 anni per diventarne consapevole.
Adesso ho la netta sensazione che serva un ulteriore punto si svolta.
Se l’accoglienza è un principio spirituale e quindi ha a che fare con quello che noi siamo, credo sia arrivato il momento di mostrarlo al mondo, di vivere contagiando il mondo di questo nostro talento.
E’ arrivato il momento di essere contagiosi.
Di darci accoglienza, di diffonderla, di emanarla ogni giorno, in ogni momento.
Sempre nel post Un’accoglienza inconsueta scrivevo:
Per come la vedo io la svolta che ci aspetta è proprio questa: passare da una vita, un lavoro, una società sempre più separativa e fatta di distanze ad una più accogliente iniziando ora, adesso, scegliendo di ascoltare davvero l’altro (ti ricordo il post Il tuo ascolto, la prima forma di accoglienza), scegliendo di comunicare, anche on line, con un linguaggio più personale, più cordiale, un linguaggio che utilizzi parole nuove, parole che non creino disperazione ma piuttosto che curino chi le ascolta.
La svolta era già nell’aria quindi ma quello che mi è chiaro oggi è che questa rivoluzione va portata, con urgenza, nella nostra vita, nel nostro quotidiano.
Al di fuori delle nostre case, delle nostre strutture.
Sento che è arrivato il momento di dare una svolta a questo periodo di frustrazione e depressione. E’ ora. Non è più possibile tergiversare. Vedo troppe persone intorno a me camminare piegate dalle preoccupazioni, dai pensieri, colmi di tristezza, di paura.
Quello che vorrei proporti oggi è diventare (io, te, noi tutti) contagiosi di accoglienza, portatori sani, se preferisci, di questo talento così importante, rivoluzionario, davvero in grado di cambiare il mondo.
Per farlo non è necessario parlare o fare chissà quali grandi gesta: sarà la qualità del nostro essere che farà questo cambiamento.
Come?
Proprio come succede nel contagio da virus o batterio. Serve una persona “malata”, meglio se nel momento di massima contagiosità della sua malattia, e serve qualcuno che le si avvicini a sufficienza. Poi la natura ed il tempo faranno il loro corso. In maniera invisibile. Alcune persone si ammaleranno, altre no. Questo dipende dall’ammalato, da quanto è “vulnerabile” in quel momento.
Tu sai bene qual è la qualità animica che, più di altre, colora la tua accoglienza. Tu sai di quale “malattia” sei portatore.
Può essere il tuo sorriso, la tua empatia, la tua gioia di vivere, la tua fiducia nell’esistenza. Forse la tua tenerezza o la tua giocosità.
- Scegli di far crescere questa “malattia” dentro di te, coltivandola, praticandola e lasciandoti a tua volta contagiare da portatori sani che hai la fortuna di incontrare nel tuo vivere.
- Scegli di indossare questa qualità, come fosse un bel vestito, e di portarla con te nelle tue giornate, nel tuo esistere.
- Diffondila, nel mondo, come fosse luce: mentre fai la spesa, mentre attendi il tuo turno in coda, quando incontri qualcuno …
Ancora una volta mi ritrovo a parlarti di cose invisibili, lo so. Ma ricordi cosa dicevo nel post Essere Accoglienza? Invisibile non vuol dire che non esiste!
Possiamo scegliere, ogni giorno, di camminare per strada smettendo di pensare che lo spirito sia qualcosa di misterioso e nascosto. Non è così.
Possiamo scegliere di diventare contagiosi di accoglienza, di sorrisi, di luce, consapevoli che questa luce ha uno scopo, che tocca le persone, le cura.
Sai qual è una delle etimologie di cura? Kur, in sanscrito, guardare con attenzione.
Che bello sarebbe il mondo se questa fosse la normalità della nostra esistenza!
Solo due brevi suggerimenti pratici.
Fai sempre attenzione all’intento che ti muove.
Se mi segui da tempo lo sai bene, son fissata con l’intento! Perchè è importante, perchè cambia tutto. Se sceglierai di farti contagiare da questo mio invito, se deciderai di”dare” accoglienza, cerca di avere ben chiaro qual’è l’intento con il quale lo fai. Ascoltati, con attenzione, con sincerità. Non c’è nulla di male nel fare qualcosa con uno scopo “pratico” ma è importante esserne consapevoli perchè l’intento sotteso al mio fare cambia completamente quello che sto facendo. L’azione è identica, l’effetto è completamente diverso perchè cambiando l’energia che metto in quello che faccio, dico, penso, a seconda dell’intento che ho, cambia completamente l’effetto su di me, sugli altri e rispetto alla mia evoluzione.
Fa che il tuo dare accoglienza sia gratuito.
E’ questo che dobbiamo imparare a fare: dare accoglienza senza aspettarci nulla in cambio. Ha sempre a che fare con l’intento ma ritengo richieda una sottolineatura. A volte noi ci muoviamo spinti dall’idea che il nostro fare possa essere d’aiuto a qualcuno e quindi ci aspettiamo un ringraziamento, per lo meno.
Ma qualsiasi lavoro nel quale voglio aiutare gli altri è egoico. Questo non vuol dire sbagliato vuol dire solo che sotteso, da qualche parte, dietro a questo mio aiutare c’è in realtà un mio bisogno. Se vogliamo essere contagiosi di accoglienza dobbiamo smettere di pensare di “aiutare” e limitarci a “portare” relazioni d’amore: contagio portando nel mondo, con me, ogni giorno,quanto amo questo lavoro, quanto voglio fare questa cosa, quanto mi diverto nel farla. Senza alcun bisogno.
Tutti quanti noi possiamo fare questa cosa ma dobbiamo liberarci, per sempre, dall’attesa di un risultato.
Sorridiamo a qualcuno e pretendiamo che quello risponda con un sorriso o che capisca, e questa è una trappola della personalità. Il nostro sorriso deve essere dato come un fiore che distribuisce il suo profumo, è il momento di vivere queste cose, è il momento di regalare il nostro essere accoglienza, la nostra ricchezza interiore, smettendo di essere succubi dei risultati.
Avremo il coraggio di farlo?
Avremo il coraggio di camminare nella vita così, indossando il nostro essere accoglienza, regalando noi stesse, la nostra ricchezza interiore proprio come fa un fiore quando distribuisce il suo profumo?
Senza chiedere nulla in cambio, senza aspettarci risultati, certe che questo nostro essere accoglienza, che diventa un dare, è un seme che, con i suoi tempi e i suoi modi, quando sarà il momento germinerà.
Camminare nella vita come portatori sani di accoglienza, per quello che è il nostro stato e grado, la nostra capacità.
Darci accoglienza, diffonderla, emanarla.
Non sarà sempre facile, posso assicurartelo, ma sarà sempre utile.
Ti saluto con un pensiero trovato “per caso” in un libro molto bello letto questa estate. Versetti pericolosi, di don Alberto Maggi.
Fa che ogni persona che incontri,
dopo averti incontrata,
si senta ancora più felice
di essere al mondo.
Don Alberto Maggi
Magari la parola felice non ti piace, la trovi “impegnativa”. Puoi sostituirla con gioia, con leggerezza, con serenità. Con fiducia nell’esistenza.
Mi pare un bel augurio, non lo pensi anche tu?