Dal sentire all'ascoltare, il blog di Cinzia Pedrani

Dal sentire all’ascoltare.

Due suggerimenti per un ascolto sempre più accogliente.

In questo mio blog parlo spesso dell’importanza del nostro ascolto.

Sentire e ascoltare sono due cose completamente diverse o, se preferisci, sono espressione della stessa funzione ma a due ottave differenti.

Nel post Il tuo ascolto, la prima forma di accoglienza ti offrivo uno strumento molto pratico pensato proprio per prendere consapevolezza della qualità del tuo ascolto.

Una scala, sette gradini, in realtà applicabili a molteplici aspetti della nostra vita (comunicare, per esempio, leggere, vivere l’amicizia, le relazioni di coppia, sul lavoro …) che spero ti siano serviti per avere un’idea del tuo punto di partenza e di quello che potrebbe essere il tuo punto d’arrivo.

Oggi torno sull’argomento con due piccoli suggerimenti che penso ti possano aiutare a migliorare la qualità del tuo ascolto, a salire quella scala. Se è questo che vuoi.

Se vuoi lavorare sulla tua accoglienza, se vuoi far crescere questo tuo talento così importante, il primo passaggio che ti propongo è osservarti mentre ascolti la persona che hai di fronte.

Che sia un parente, un amico, un ospite o un estraneo poco cambia.

Osservati e prova a seguire questi due suggerimenti: il primo, molto concreto, facilmente individuabile, tangibile, direi, il secondo più sottile, invisibile, ma non meno importante. Anzi.

Dai tempo al tuo ascolto

Se vogliamo far crescere la qualità del nostro ascolto la prima cosa che ci serve è un rapporto sereno con il tempo, quello che noi oggi non abbiamo.

È fondamentale dare tempo all’ascolto, non mostrare fretta mentre ascoltiamo.

La fretta è uno degli elementi più chiari che rivelano che non stiamo accogliendo davvero l’altro.

Il piccolo principe ci insegna che la nostra rosa è importante perché le diamo tempo. La persona che ci parla è importante perché le diamo tempo.

Evitiamo quindi, mentre l’altro ci parla, di correre subito a tirare le somme, di saltare alle conclusioni, di andare ai buoni consigli alle buone parole che potremmo dire noi, di andare ai giudizi, ma cerchiamo di accogliere, l’altro, lentamente, con tanto tempo.

Ricordi la bella poesia di Pablo Neruda? Prenditi tempo. Termina così.

Dal sentire all'ascoltare, prenditi tempo

E prenditi tempo per essere amabile con gli altri,

perché questo è il cammino della felicità.

Prenditi tempo per vivere.

Pablo Neruda

Coltiva l’arte del silenzio

Tra i vari inquinamenti nei quali ci troviamo a vivere, oggi quello più forte è probabilmente l’inquinamento acustico. Passiamo le nostre giornate immersi in una continua colonna sonora. Ne siamo assuefatti, non ce ne accorgiamo neanche più.

Quando siamo soli, in casa, accendiamo la radio, la tv, ascoltiamo qualcosa, qualunque cosa: il silenzio è inquietante. Anche fuori casa, nei locali, negli uffici, negli ascensori, ovunque c’è qualcosa di sottofondo come se il silenzio fosse un nemico, da tenere lontano.

Ci sentiamo a disagio, nel silenzio, non sappiamo starci, non sappiamo come abitare il silenzio. Ma ti dirò di più: sembra quasi che se non siamo rumorosi, se non facciamo rumore, come società, scompariamo, siamo perdenti. Non esistiamo.

Il saggio silenzioso è un’icona del passato, oggi se un uomo tace è un perdente, o così viene percepito dai più.

Il rumore è la norma, il silenzio l’eccezione. Non so se lo hai notato ma nelle pubblicità delle spa compare spessissimo la dicitura oasi di silenzio.

Il silenzio è diventato un benefit, un lusso.

L’arte del silenzio non è arrivare a fare silenzio, questo ancora non è nulla.

L’arte del silenzio è diventare silenziosi, e questa è un’altra cosa.

Per ascoltare veramente l’altro non basta sentirlo, come per forza di cose si sentono i rumori molesti, né basta ascoltarne solo qualche parola e poi subito dire la nostra interrompendo il discorso

L’ascolto richiede silenzio interiore.

Vito Mancuso
Dal sentire all'ascoltare, ascolto interiore

Essere silenziosi lungi dal non proferire parole significa, in ultima analisi, non giudicare, cioè lasciare che la persona, la natura, un’opera musicale, mi possa raggiungere per quello che è.

È qualcosa di ontologico, di profondo, è una qualità dell’essere.

Per diventare silenziosi occorre lo stacco, che non è quel ritornello che capita sempre più spesso di sentire, staccare la spina. Questa è una frase fatta.

È piuttosto un lasciare andare, lasciar cadere corpo e mente, abbandonare la presa.

Così si diventa silenziosi.

Quello che ci serve è lo stacco nei confronti di tutte le forme di confusione in cui siamo immersi, con cui ci identifichiamo. Gli impegni quotidiani, le preoccupazioni, i ricordi, gli oggetti, le immagini, i pensieri, i desideri, le invidie … e avanti così.

Coltivare l’arte del silenzio vuol dire imparare, pian piano, a staccarci da tutto questo: così, solo così, inizieremo finalmente a diventare esseri silenziosi.

Son troppo complicata?

Forse, ma in realtà quello di cui ti parlo è qualcosa di molto semplice, qualcosa che sanno bene i bambini, per esempio.

Ti invito a guardare un bambino, quando è tutto preso dal suo gioco. Nulla di esterno può toccarlo, è solo con sé stesso, con il suo gioco, può cadere il mondo ma lui è lì. In quel momento è presente e assente, allo stesso momento, quel tempo del gioco si è trasformato in eternità. Ha staccato da tutto, da tutti.

Lo sanno bene anche gli amanti, maestri anche loro quando si parla di silenzio, di ascolto. Di accoglienza.

Prova quindi ad osservarti, senza severità.

Il modo in cui guardi te stesso (e gli altri) è importante. Come dice Chandra Livia Candiani

Va allenato uno sguardo tenero, compassionevole, uno sguardo fermo che vede i limiti ma non si trasforma in giudice, in critico puntiglioso e acido, né in risolutore dei problemi altrui.

Un puro conoscere sorridente.

Il silenzio è cosa viva

Prenditi tempo quindi quando accogli, prenditi tempo quando ascolti, che sia una persona, la natura, Dio.

Regala tempo al tuo ascolto e fa che questo tempo sia silenzioso, non solo di parole dette (non interrompere chi parla, non terminare le frasi al posto suo) ma anche di pensieri, giudizi, condanne (non utilizzare quel tempo per pensare a cosa rispondere, non essere già altrove con la tua mente, non giudicare l’altro).

Quando verrà il tuo momento per parlare, le tue parole, nate dal silenzio, potranno essere vive, nutrimento per l’altro. Vere.

Tutto il resto è chiacchiera.

[L’ascolto è alla base anche delle interazioni on line. Sui social, soprattutto nei gruppi, nella corrispondenza e mail o messaggistica: darsi tempo, quando si legge, e farlo partendo da un luogo silenzioso e da lì, solo da lì, rispondere … ti invito a provare, seriamente. E, se ti va, raggiungimi nel nostro gruppo Facebook, un luogo pensato per sperimentare, insieme, un modo nuovo di parlare di accoglienza].

Essere Accoglienza, è anche un gruppo Facebook

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