I 4 tempi dell'accoglienza, Cinzia Pedrani

I quattro tempi dell’accoglienza

In questo ultimo mese mi son trovata a riflettere su questo tema: i tempi dell’accoglienza.

L’accoglienza è un talento, questo ce lo siamo già dette, è una qualità spirituale, questo lo stiamo capendo sempre meglio, ed è anche un processo o, meglio, si manifesta in un processo, in un susseguirsi di momenti. Di tempi.

Un po’ come la vita se ci pensi.

Quattro sono i tempi che vedo io.

Potremmo sicuramente evidenziarne molti altri ma oggi ho scelto di partire da qui e di farlo prendendo spunto, come sempre, dalle mie esperienze di vita.

Mi sono trasferita in Liguria e, nel mio piccolo eremo, mi capita di accogliere figli, amici, amori, per uno o più giorni. A volte si annunciano, altre volte no, semplicemente arrivano.

L’ultima volta è successo qualche settimana. L’atteso era uno dei miei figli e nell’osservarmi in quel mio fare, essere e dare accoglienza, mi è nata questa riflessione.

Ho avuto conferma del suo arrivo la mattina stessa e, felice, ho iniziato subito ad accoglierlo con il “primo tempo”.

L'accoglienza, Cinzia Pedrani

1. Preparazione

Prima dell’arrivo di qualcuno o qualcosa nella tua vita è necessario prepararti. Restando sul mio esempio: ho riordinato, sistemato, creato uno spazio per lui, per le sue cose, mi sono “messa in ordine” io …

La nostra accoglienza inizia così, preparando noi e gli spazi dedicati all’accogliere, prendendocene cura.

Chiaramente questo primo tempo va ben oltre il semplice pulire e riordinare degli spazi. Prepararci ad accogliere ha a che fare con la scelta, più o meno consapevole, di aprirci a ciò che non conosciamo, all’imprevedibile, al nuovo che l’altro inevitabilmente porta con se.

2. Attesa

L’attesa la vedo come un secondo tempo: dopo aver preparato me stessa e il luogo dedicato all’accogliere, inizio ad attendere (mio figlio, il mio ospite, il nuovo che mi raggiunge in ogni istante).

Mi sento di poter affermare che, senza attesa, non c’è vera accoglienza proprio perché non possiamo davvero accogliere ciò che non attendiamo.

E non solo come tempo (non è che più è lunga l’attesa e più è di qualità la mia accoglienza) ma come stato d’animo. Vivere l’attesa vuol dire aprirmi, rendermi disponibile, svuotarmi di aspettative. Creare spazio.

A voler ben guardare l’attesa inizia già nel primo tempo, inizia anche prima, nella comunicazione che intercorre prima dell’arrivo. Email, messaggi, telefonate, son già parte integrante del nostro accogliere. 

Già lì inizi a preparare l’accoglienza che verrà, inizi ad attendere.

E l’attesa fa parte della festa.

3. Incontro e tempo condiviso

L’atteso ad un certo punto arriva. E’ il tempo dell’incontro, della condivisione, dell’ascolto dell’altro, della tenerezza, ma anche del confronto sincero, del silenzio condiviso.

Potrebbero essere due tempi distinti, certamente, ma ho preferito accorparli. L’incontro è parte di tutte le forme di accoglienza (o dovrebbe, ahimè, perché pensando a chi è Host: la moda del self check in va in contro tendenza e spazza via anche buona parte del punto 2, l’attesa) il tempo condiviso no.

Dipende dalle circostanze, dalle situazioni. E’ variabile.

Per quanto mi riguarda il tempo condiviso è il tavolo da gioco del mio essere accoglienza. E’ lì, nella relazione, che tutto il mio fare (tutto il mio preparare, il mio attendere) accoglienza acquista un senso, un valore. E’ lì che avviene lo scambio. Tra chi accoglie e chi è accolto: come due vasi comunicanti, quasi senza rendercene conto, si dona e ci si arricchisce.

Esperienze, idee, emozioni … in questo tempo tutto viene messo sul tavolo da gioco e … offerto.

Lungo o corto che sia questo è un tempo prezioso.

i tempi dell'accoglienza, Cinzia Pedrani

4. Lasciar andare

Tutto ciò che abbiamo accolto, prima o poi, dovremo lasciarlo andare. Figlio, fidanzato, ospite o stato d’animo. Per un periodo, per sempre … poco cambia.

Lasciare andare è un tempo sostanziale dell’accogliere ( in realtà lo sono tutti e quattro a mio avviso) perché solo lasciando andare posso di nuovo, nuovamente, prepararmi ad accogliere l’inaspettato.

Può essere un tempo difficile, addirittura doloroso (in realtà, ancora una volta, tutti e quattro lo possono essere) se i tempi precedenti son stati vissuti senza una vera accoglienza ma, per esempio, sviluppando attaccamento o magari dipendenza o alimentando aspettative o silenziose richieste.

Preparazione, attesa, incontro e tempo condiviso, lasciar andare.

Quattro tempi, un processo, che ho visto chiaramente osservandomi nel mio accogliere mio figlio (e quindi potenzialmente ogni ospite che bussa alla mia porta) e che riconosco anche nel mio accogliere “altro”. Mi riferisco a cose meno visibili ma, per questo, non meno vere. Un pensiero, un’intuizione, un’emozione, un insegnamento. La bellezza che mi circonda. La vita che in ogni istante mi raggiunge chiedendo solo di essere accolta.

Non so se sei d’accordo con me, non so se riconosci anche tu, nel tuo accogliere, questi stessi tempi, se in questi termini, o in maniera diversa, o magari vedi altri tempi, altre dinamiche.

Raccontami, se ti va, nei commenti qui sotto o dove vuoi tu. Sarò ben felice di leggerti.

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